Il “Tesoro” della Società

   Il “Tesoro” della Società

a cura di Beniamino Lori

 

Sono veramente molto scarsi i documenti amministrativi e finanziari della Società Operaia giunti fino a noi; praticamente inesistenti sino alla metà del secolo scorso, frammentari negli anni sessanta e completamente definiti solo a partire dall’ultimo decennio.

Eppure il “Capitale Sociale” è sempre stato il “Tesoro” della Società.

In origine chi si occupava dell’amministrazione dei fondi comuni era definito “Cassiere” con funzioni sostanzialmente diverse dall’ “Esattore” .

All’art. 47 si legge: “Il cassiere è depositario dei capitali sociali; riceve i fondi dalle mani dell’Esattore, quando questi ne abbia disponibili; paga al medesimo le somme che verranno richieste ed ordinate dalla Direzione…per l’impiego e il disimpiego dei fondi sociali dovrà attenersi alle norme descritte agli art. 121, 125”

Mentre il successivo articolo recita: “L’Esattore è incaricato di esigere le quote mensile dei Soci, il loro contributo di ammissione e le azioni dei soci oblatori; paga i mandati dei sussidi… ogni mese dovrà presentare lo stato di cassa e sarà tenuto a versare nelle mani del Cassiere quei fondi che saranno riconosciuti esuberanti pei bisogni della sua gestione…”

Queste due figure si intrecciano, probabilmente proprio per un reciproco controllo della loro gestione per definizione piuttosto “delicata”, tanto da far pensare che le funzioni dell’Esattore fossero quelle proprie del Cassiere e che fosse necessario introdurre una “nuova” figura: il “Tesoriere” della Società.

Nel Documento di consegna dei Valori della Società redatto in data 31 gennaio 1935 compare per la prima volta, ufficialmente, che chi si occupa dell’amministrazione dei beni è il “Tesoriere” e non più il “Cassiere” che, comunque continua a svolgere funzioni economiche all’interno della Società.

E proprio dal citato documento emerge il nome del  primo Tesoriere a tutt’oggi identificato:il Geometra Rossi Cesare detto “Nebbia”, stimato professionista, che ricoprì “con scrupolo e disinteresse” l’incarico per oltre 25 anni sino alla morte nel 1961.

Nella Distinta dei Titoli di proprietà della Società Operaia di M.S. di Suna da lui stilata in data 4 marzo 1935 si legge il Valore nominale complessivo dei titoli depositati (presso la cassetta di sicurezza n. 149 cat. II della Banca Popolare di Novara succursale di Pallanza) di £. 34900,00.

E’ questo il primo capitale “certo” di cui si ha notizia e corrisponderebbe oggi a circa 61 milioni di lire (cioè a €. 31470,00): una somma decisamente maggiore dei capitali sociali del nuovo millennio! 

Priviamo ora, con i pochi dati in nostro possesso, a stimare il Capitale sociale iniziale su cui la novella Società poteva contare.

Al 3 giugno 1877 i soci fondatori  avevano versato i soli contributi di ammissione, pari a £. 438 (corrispondenti a circa 2.600.000 odierne lire cioè €. 1350): un capitale piuttosto esiguo!

Ma già a fine anno, considerate le nuove ammissioni e le quote pagate, il capitale era lievitato a non meno di £.1200 ( cioè 7.150.000 di oggi corrispondenti a €. 3700).

Mancando ogni tipo di pezza giustificativa, oltre che libri contabili, non è possibile stimare il capitale sociale al termine di ogni anno; tuttavia possiamo tentare di fare la stima del “potenziale” capitale accumulato, per esempio, nei primi 25 anni di attività, cioè all’alba del nuovo secolo.

Al 1902 i soci erano aumentati di 90 unità portando un contributo totale di ammissione di 400 lire

( che in base all’art. 20 il socio dimissionario o espulso “non avrà diritto ad alcuna indennizzazione né al rimborso delle somme da esso pagate”); tenuto conto che nel venticinquennio  erano deceduti 37 soci mentre altri 26 si erano dimessi o erano stati espulsi, il numero medio di iscritti alla Società doveva essere attorno alle 150 unità con un apporto totale, in termini di quote mensili di almeno 36400 lire. Sommando infine capitale iniziale, contributi di ammissione e quote mensili si arriva ad un “potenziale” capitale sociale di 38.000 lire (al netto di eventuali interessi maturati).

E’ evidente che da esso deve essere tolto il totale dei sussidi di malattia (1) accordati ai soci nel corso dei 25 anni e ciò, in assenza di dati, non è possibile stabilirlo neppure statisticamente dato che non è possibile intuire quanti soci e per quanto tempo si siano ammalati.

Partendo però dalla considerazione che la Società Operaia non ha mai “dichiarato fallimento” o comunque mai si è “dichiarata insolvente”, e supponendo, con ipotesi limite, che alle soglie del ‘900 si fosse presentata con capitale nullo (cioè avesse convertito in sussidi di malattia tutto il capitale sociale) è facile calcolare che ad ogni socio, mediamente, sarebbe stato riconosciuto un sussidio annuale pari a 10 giornate di malattia: un risultato di gestione tutto sommato incoraggiante che da solo avrebbe già giustificato l’appartenenza al sodalizio.

Ma i risultati di gestione furono decisamente migliori perché, per quanto si può supporre dall’analisi della vita della Società nel nuovo secolo (con un incremento straordinario di adesioni sia attorno al 1930, dove confluirono i soci della disciolta associazione “Della Fraternità”,  che alla fine Seconda Guerra Mondiale) i bilanci furono certamente positivi e il “Tesoro della Società” sempre più corposo!

Tornando ora ai bilanci “reali” più vicini ai giorni nostri ci soffermiamo sul primo “rendiconto” degno di tale appellativo, quello redatto in data 31 dicembre 1960 (2)  ancora, e per l’ultima volta, dal Tesoriere Rossi Geometra Cesare  certamente coadiuvato dal  Cassiere Rossi Innocente.

Il capitale sociale (costituito da Buoni del Tesoro e obbligazioni) era di £. 2.455.000 (con un fondo cassa di £. 285.673 (corrisponderebbe oggi a  55 milioni, dunque €. 28000).

Dall’analisi delle voci di ENTRATA si immagina una Società che si finanzia su oblazioni private, operazioni finanziarie, interessi bancari e contributi ordinari dei soci ( in quell’anno 99 soci paganti) mentre non emergono particolari proventi da iniziative del sodalizio.

Dall’analisi delle USCITE, oltre alle spese correnti di segreteria, di rappresentanza, bancarie e per gli onori funebri, cospicue le quote per i soci pensionati (con ogni probabilità il pranzo natalizio offerto) e per i sussidi di malattia e medicinali (che dunque costituivano i “benefici” per i soci proprio come agli albori della Società).

Stimola curiosità la voce Stipendio bidello accanto a quella, più prevedibile, Stipendio Segretario.

Che tipo di “istruzione” promuoveva la S.O.M.S. Sunese? Personalmente ricordo che in quegli anni, scolaro elementare,  frequentavo un corso pomeridiano di “lingua francese” presso la Casa del Popolo di Suna, tenuto dal prof. Barberis: probabilmente il bidello era legato a tale attività sociale.

I “rendiconto” al 31 dicembre 1964, 1965 e 1966 redatti da Spadacini Abramo di professione Impiegato presso la tramvia (subentrato nell’incarico di Tesoriere alla morte di Rossi Cesare nel 1961)  presentano una situazione finanziaria piuttosto florida, con bilanci costantemente in attivo e Capitali Sociali consolidati attorno a £. 3.400.000 (che pur tenendo conto di una certa svalutazione rappresentano comunque circa 50 milioni cioè € 26000)

Tra le spese sostenute scompaiono i compensi  per il Bidello ma appaiono quelle per le “prestazioni del Messo”.

Dal pezze giustificative dell’anno 1966 (diligentemente conservate dallo zelante Cassiere di quegli anni Preatoni Primo nato nel 1895 di professione Impiegato di banca e deceduto nel 1968) emerge la retribuzione del porta-bandiera, Spadacini Francesco fu Paolo, nato nel 1903, di professione operaio, per un importo annuo di £. 5500 (per 11 servizi a £. 500 cadauno, circa 4 €. di oggi)

Nel bilancio dell’esercizio 1969, chiuso con un attivo di £. 3.543.619, si evidenzia una voce che non era presente nel passato “Borse di studio per i figli dei soci” per un impegno di £. 60.000 che non ritornerà più nei bilanci successivi.

L’ultimo bilancio della Società redatto sotto la presidenza di Pera Luigi tipografo che conservò la carica fino al 1976 per poi cederla, pur continuando ad essere nel Consiglio Direttivo, a Spadacini Giovanni nell’anno del centenario di fondazione, conservato agli atti del sodalizio, è quello del 1973, che non si discosta in modo significativo dai precedenti.

I bilanci successivi, redatti probabilmente dal Tesoriere Albertano Giulio di professione impiegato presso lo stabilimento Rhodiatoce, purtroppo non ci sono pervenuti e tale “vuoto” che si estenderà a tutti gli anni ottanta coincide proprio, come si dice in altra parte, col periodo “di stanca” della Società Operaia che, tuttavia , ha poi visto un rinnovato rilancio nell’ultimo decennio del secolo.

 

 

A vent’anni esatti dall’ultimo “resoconto finanziario”, il 24 luglio 1992 nella prima riunione del nuovo Consiglio Direttivo, eletto nella Assemblea Ordinaria dei Soci della S.O.M.S., viene nominato il nuovo “Tesoriere” nella persona di Broggi Fabrizio fu Armando di professione Insegnante, socio dal 1972 ma, fino allora, mai Consigliere della Società.

Ricopre la carica di Presidente Corsini Giovanni (Gianni) di professione Commesso di Farmacia.

La situazione patrimoniale in quel momento contemplava un “Capitale Sociale” di £. 17.923.791 suddiviso in diversi libretti bancari e in poche cartelle al portatore.

Il capitale, considerando i forti indici di svalutazione, è complessivamente inferiore a quelli precedentemente accertati e la motivazione di tale fatto, pur in assenza totale di documenti esemplificativi, va ricercata nei mancati investimenti negli anni precedenti a fronte, come detto, di una fortissima svalutazione monetaria.

Da quell’anno viene tenuto un “libro contabile” ove compaiono in modo dettagliato le “entrate” e le “uscite” della Società ed ogni anno viene redatto il “Bilancio finanziario e patrimoniale”.

Il Capitale Sociale si stabilizza, negli anni seguenti, attorno ai 21 milioni di lire, con movimenti monetari che in taluni anni (come nel caso del centoventesimo anniversario di fondazione) quadrano su cifre quasi doppie del capitale stesso: segno di una fase di grande attività della Società stessa!

In questi anni fanno capo all’Amministrazione della Società Operaia di Mutuo Soccorso anche talune attività gestite da Comitati interni quali quello del “Carnevale” o delle “Luminarie” che comunque presentano, a fine attività, bilanci separati.

Una costante delle “entrate” dei bilanci di questi anni, accanto alle quote dei Soci e interessi bancari, sono i “Contributi ordinari o straordinari” elargiti dagli Enti Pubblici e Privati. La Società, pur non possedendo Persona Giuridica è Legalmente riconosciuta ed iscritta all’Albo Provinciale delle associazioni (senza scopo di lucro) e può dunque beneficiare dei contributi.

L’Ufficio cassiere è svolta dalla Banca Popolare di Intra, agenzia di Suna, che costantemente contribuisce con elargizioni alle varie iniziative proposte.

Tra le “uscite” non compaiono più voci di “sussidi per malattia o inabilità al lavoro”  che non sono più contemplati nel nuovo statuto, essendovi altri Enti a provvedere a ciò; sono presenti nuove voci quali “contributi ad altre associazioni” “Contributi per Gite Sociali o Pranzo Sociale” accanto a voci sempre ricorrenti “Omaggi floreali ai soci defunti” e “Pacco dono natalizio ai Soci anziani”.

Aspetti che si legano alla storia centenaria della Società con altri legati all’evoluzione dei tempi!

Tra le altre innovazioni, la stipula della “polizza assicurativa di Responsabilità Civile”.

I primi bilanci del nuovo millennio sono controfirmati, accanto al Tesoriere, dal nuovo Presidente rag Bagnati Andrea, ex bancario in pensione, che già resse, di fatto, il sodalizio alla morte dell’allora presidente Spadacini Giovanni nel 1977.

Nel 2001 fa spicco “l’oblazione alla Casa del Popolo di Suna come contributo alla sistemazione della Sede Sociale” di 5 milioni. Proprio quella sede inaugurata il 1 dicembre 2002 in occasione del 125° Anniversario di Fondazione della Società Operaia.

Ed infine il Bilancio 2002 con la esclusiva novità della comparsa dell’Euro, che, curiosamente, ci riporta alle cifre dei bilanci di fine ‘800: Il futuro ha veramente un cuore antico”.

 

 

  • Oltre ai sussidi di malattia ai soci potevano essere erogati “Fondi Speciali da erogarsi esclusivamente agli inabili al lavoro per vecchiaia, cronicità od infortunio”. Tale fondo, come dice l’art. 115 viene erogato ai soci “…che abbiano compiuto i 60 anni di età … o colpiti da infortunio tale da renderli assolutamente inabili al lavoro .. o colpiti da malattia cronica, che facciano però parte della Società da almeno 10 anni” . L’entità di tale sussidio tuttavia non è precedentemente determinato, ma “…in relazione ai redditi al momento disponibili per quel Fondo”.
  • In tale periodo era presidente quel Pera Luigi, nato nel 1917, di professione tipografo, degno successore del compianto Zucchinetti, che resse il sodalizio fino alla metà degli anno settanta con grande impegno e dedizione, lasciando un segno indelebile nella Società che ha dedicato a lui una targa ricordo in occasione del 125° anniversario di fondazione, celebrato nel 2002, anno della sua morte.

 

I Contributi di ammissione alla Società

 

Come è variato il “Contributo di ammissione” alla Società Operaia nel corso degli anni?

Già si è detto della sua entità al momento della costituzione del sodalizio: da 3 a 15 lire di allora (a seconda dell’età dei richiedente) pari ad un valore odierno dalle 18.000 alle 90.000 lire (dunque  da €. 9 a €. 45).

Però si trattava di “Una tantum” nel senso che il pagamento non veniva rinnovato ogni anno.

Ebbene, tale cifra non subì variazioni per almeno 50 anni!

Infatti solo nel 1927 la “quota” venne raddoppiata rendendo, contrariamente a quanto si possa supporre, l’ammissione alla Società “economicamente” più conveniente (naturalmente tenuto conto che in quel lasso di tempo la lira aveva perso almeno tre quarti del suo potere di acquisto).

Al termine della seconda guerra mondiale le quote di adesione variavano da 15 a 50 lire: oggettivamente quote estremamente popolari che invogliavano all’iscrizione al sodalizio: cosa puntualmente avvenuta!

Negli anni sessanta le mutate esigenze di carattere mutualistico avevano radicalmente cambiato le finalità stesse della Società Operaia facendole perdere quell’aspetto “assicurativo” ed amplificando quello associazionistico; anche il “Contributo di ammissione” cambiò in “quota annua associativa” con entità diverse nel corso del decennio: all’inizio di 500 lire, poi 800 lire, fino a giungere alle 1000 lire nel 1969 (rapportate ad oggi, sempre in base ai coefficienti ISTAT, sarebbero circa 8 €.)

Dal “Registro di matricola” non emergono altri dati, più recenti, sull’entità delle quote negli anni successivi, tuttavia sul filo della memoria si può cercare di risalire fino ai giorni nostri.

Dopo le celebrazioni del 100° anniversario di Fondazione la quota annua fu fissata in £. 5000 (ricordiamo alla fine degli anni settanta l’inflazione era galoppante…) e fu mantenuta tale per diversi anni finché il “delegato al tesseramento” (quel Dalla Savina Valentino di cui, in altra parte, si parlerà) praticamente “di propria iniziativa” (dato che il Consiglio di Amministrazione non si riuniva) elevò la cifra a £. 10.000!

E così rimase per tutti gli anni novanta, fino alla venuta dell’euro, nel 2001, quando, per spirito controcorrente, fu, di fatto, ridotta a €. 5 (corrispondenti a 9681,35 vecchie lire!!!) su consiglio del delegato al tesseramento di quell’anno (il compianto Aristide Ruschetta).

E fu sempre per “consiglio” del nuovo “delegato al tesseramento” (Rattazzi Sandro) che l’anno seguente la quota fu portata agli odierni 6 €. che, come precedentemente si faceva notare, sono proprio le cifre di cui si parlava alla metà dell’ottocento, quando la Società nacque (seppur con differente segno monetario).

Piacerebbe tanto che questo fosse un “segno” per una rinascita, un rilancio, una riedificazione della Società Operaia di Mutuo Soccorso per il terzo millennio.